Plastica in mare: l’aiuto viene dal satellite

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Dimostrata la possibilità di rilevare detriti plastici attraverso il monitoraggio satellitare

Una mappa senza precedenti. È questo il risultato di uno studio pubblicato su Nature e realizzato da un team internazionale di ricerca – a cui partecipa l’Istituto di Scienze Marine (ISMAR) di Lerici – che ha trovato il modo di utilizzare le immagini satellitari per mappare l’inquinamento da rifiuti marini nel Mar Mediterraneo.

Foto di bottiglie e altri rifiuti plastici sulla spiaggia
Rifiuti di plastica in riva al mare

Fonti

 

La costruzione di una mappa

Per un periodo di sei anni, con l’ausilio di un supercomputer e algoritmi di ricerca avanzati, i ricercatori hanno scansionato l’intero Mar Mediterraneo, ogni tre giorni, analizzando oltre 300mila immagini raccolte dai satelliti Sentinel-2 del programma Copernicus dell’Unione Europea. Questi satelliti, sebbene non dotati di sensori specificamente dedicati all’individuazione di rifiuti plastici, hanno una risoluzione spaziale di 10 metri. Gli scienziati hanno focalizzato la propria attenzione sull’identificazione dei cosiddetti litter windrows, accumuli di plastica e di altri detriti galleggianti a cui le correnti marine danno spesso la forma di filamenti.

 

 

Sono così riusciti a mappare migliaia di strisce di rifiuti (molte lunghe più di un chilometro, alcune fino a 20 km), creando la mappa più completa fino ad oggi dell’inquinamento da rifiuti marini nel Mediterraneo.

 

 

 

 

I risultati della ricerca

Le informazioni raccolte sono rilevanti, anzitutto perché individuano le aree più inquinate: il Mare di Alborán (la porzione più occidentale del Mediterraneo, compresa fra la Spagna a nord e il Marocco a sud), le coste algerine, il golfo di Gabès (lungo la costa sud-orientale della Tunisia), le acque al largo della Calabria e, soprattutto, la parte settentrionale del Mare Adriatico. Dall’analisi dei dati è risultato inoltre che molti rifiuti entrano in mare dopo i temporali, e che alle emissioni di rifiuti terrestri fa regolarmente seguito, qualche giorno più tardi, un accumulo di rifiuti in mare.

 

 

C’è di più. Gli autori della ricerca, sempre utilizzando il rilevamento satellitare, sono riusciti a fornire informazioni per valutare l’efficacia dei piani d’azione contro i rifiuti marini a Roma (Italia), hanno identificato un punto critico di inquinamento legato all’elevato traffico navale attraverso il Canale di Suez (Egitto) e hanno offerto indicazioni per ripulire il Golfo di Biscaglia (Spagna).

 

 

Se in futuro fossero messi in orbita sensori ad alta risoluzione, specificamente dedicati al rilevamento e all’identificazione di oggetti galleggianti di un metro di dimensione, dichiarano i ricercatori, sarebbe possibile non sono migliorare enormemente il monitoraggio ambientale, ma anche individuare sversamenti di petrolio e perdite di carico dalle navi, così come supportare attività di ricerca e salvataggio in mare.

 

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