
Invasori da tenere sott’occhio: i calabroni
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Una ricerca scopre nel genoma di questi insetti il segreto della loro efficacia nell’occupare nuovi territori
Per comprendere le ragioni del successo ecologico di alcune specie di calabroni, e per contenere gli effetti nocivi di quelli che si stanno diffondendo in Europa, un gruppo di scienziati, tra cui ricercatori dell’Università di Pisa e dell’Università di Firenze, ha sequenziato e messo a confronto il loro genoma. Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports.

“Le specie aliene possono avere effetti economici, ecologici e sociali molto negativi negli habitat che colonizzano”
Alessandro Cini, ricercatore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa
La Vespa crabro, il calabrone di casa nostra
Il calabrone nativo, in Europa, è la Vespa crabro che, come predatore, agisce da “disinfestante naturale”: regola cioè varie popolazioni di insetti che possono essere localmente dannosi, come i bruchi di alcune farfalle e falene. Contribuisce inoltre all’impollinazione, e per certe piante è anche un utile dispersore di semi. Ha certo anche lati meno positivi: come predatori di api i calabroni possono rappresentare una minaccia per gli apicoltori, e provoca dolorose punture (e talvolta reazioni allergiche) nell’essere umano.
In un ecosistema nativo, la presenza del calabrone viene considerata benefica. I problemi nascono quando le specie si spostano e diventano invasive: possono causare allora, spiega Alessandro Cini, ricercatore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, “effetti economici, ecologici e sociali molto negativi negli habitat che colonizzano”.
L’invasore: la Vespa velutina, vorace predatrice di api
È quanto sta succedendo negli Stati Uniti con l’introduzione della Vespa crabro; ed è quanto succede in Europa con l’arrivo della Vespa velutina, o calabrone dalle zampe gialle, che rappresenta per la biodiversità e l’apicoltura una seria minaccia. Originaria del Sud-est asiatico, questa specie invasiva, negli ultimi vent’anni, si è diffusa rapidamente in gran parte dell’Europa occidentale, con effetti particolarmente dannosi. Predatore specializzato di api, attacca gli alveari per nutrirsi delle larve e del miele. La predazione della Vespa velutina si estende anche ad altri insetti impollinatori, minacciando la biodiversità degli ecosistemi europei e impattando negativamente sull’agricoltura.

Il calabrone più grande del mondo (per ora ancora lontano)
Il genoma di queste due specie è stato messo a confronto con quello del calabrone gigante asiatico (Vespa mandarinia). Questo insetto, noto per il potente veleno e per il comportamento aggressivo, è il calabrone più grande del mondo (le regine possono raggiungere una lunghezza di 5 cm, mentre i lavoratori sono leggermente più piccoli). Introdotto in alcune zone del Nord America, è un vorace predatore che si nutre di una ampia varietà di insetti, tra cui api, altri calabroni e mantidi. Il suo veleno contiene una neurotossina che può essere fatale per gli esseri umani, soprattutto in caso di punture multiple o reazioni allergiche.

Studiare il genoma dei calabroni per saperli arginare
Conoscere nel dettaglio le caratteristiche genetiche delle diverse specie è fondamentale per capire perché questi insetti sono invasori così efficaci. Dalle analisi risulta ad esempio che i calabroni potrebbero avere numerosi geni coinvolti nella rilevazione dei segnali chimici dell’ambiente, caratteristica che “potrebbe renderli particolarmente bravi a cacciare nuove prede in ambienti non nativi, dove spesso arrivano trasportati accidentalmente dall’uomo. Bastano infatti solo alcune regine”, spiega Cini, “magari nascoste in qualche carico di merci, per dare il via ad una nuova invasione. Ovviamente, questi dati genetici andranno integrati con analisi etologiche ed ecologiche sul campo”.
Gli scienziati coinvolti nello studio fanno parte della rete nazionale Stopvelutina, un network di studiosi e stakeholder che da anni monitora la diffusione del calabrone invasivo dalle zampe gialle, valutando possibili tecniche di controllo e sensibilizzando la popolazione riguardo a questa minaccia per l’apicoltura e per la biodiversità.