
Piccolo, autonomo e conveniente: OpenSwap
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Una possibile soluzione ideale per esplorare la biodiversità delle zone costiere meno raggiungibili
Per studiare la biodiversità delle coste italiane servivano, fino a ieri, imbarcazioni adatte, team numerosi, macchinari sofisticati e fondi ingenti. La messa a punto di un veicolo autonomo di piccole dimensioni e di costi contenuti cambia lo scenario e apre le porte, potenzialmente, a campagne più frequenti e dati più precisi, alla portata (anche) delle piccole amministrazioni.

Protagonisti dell’intervista
Giuseppe
Stanghellini
- Ricercatore Tecnologo
- Cnr – Ismar
- giuseppe.stanghellini@cnr.it Copia indirizzo email
“Per le navi, che “pescano” molto, l’habitat costiero è spesso difficile da investigare”, spiega Giuseppe Stanghellini, ricercatore tecnologo presso il Cnr-Ismar di Bologna. “Evidenti problemi di navigabilità impediscono loro di avvicinarsi troppo alla terra. Ora però, grazie a un nuovo apparecchio, possiamo ovviare a questo limite”.
“Studiare gli habitat costieri con un veicolo autonomo affidabile, facile da mettere in opera ed economico, ha vantaggi enormi.”
Giuseppe Stanghellini,
Ricercatore tecnologo Cnr – Ismar
Con lo sguardo (e gli strumenti) della geofisica
Stanghellini è un fisico – anzi: un geofisico. “La geofisica”, spiega, “è la disciplina che studia le proprietà fisiche della Terra per comprenderne la struttura. Ed è utile anche per indagare la biodiversità”. Nel suo lavoro utilizza e mette a punto strumenti di rilevazione che utilizzano i principi della fisica per scoprire le caratteristiche dell’ambiente acquatico.
I protagonisti delle sue ricerche attuali sono due. Il primo, il side scan sonar, è un dispositivo che, collocato su un’imbarcazione, invia onde acustiche verso il fondale per poi rilevarne la riflettività.

Ciò che ne risulta sono rappresentazioni dettagliate del fondo marino che però, chiarisce “non sono immagini ottiche, cioè nel visibile. È come se guardassimo il fondo marino con le orecchie”, aggiunge sorridendo.

Il secondo strumento impiegato da Stanghellini è il multibeam echo sounder, che “utilizza sempre il principio dell’invio di onde acustiche verso il fondale, ma in questo caso ne registra il tempo di percorrenza”.

Attraverso l’utilizzo di programmi dedicati che analizzano i tempi di ritorno dei segnali acustici inviati, Stanghellini riesce quindi “a comprendere e a definire la batimetria, cioè la morfologia del fondale”. In questo caso, ciò che ne risulta è la ricostruzione tridimensionale del fondo marino, anche a profondità oceaniche.

“Ci sarebbe poi un terzo strumento”, continua il ricercatore, “che permette di fare una stratigrafia del fondale, cioè di vedere cosa c’è sotto il fondo marino.

È il sub bottom profiler, e anche quest’ultimo, seppure indirettamente, può rivelarsi utile per indagare la biodiversità”.

I vantaggi di dimensioni ridotte
Tutte queste apparecchiature, sofisticate ed estremamente specifiche nell’uso, sono presenti in Gaia Blu, la nave oceanografica del Cnr. Ma il problema si pone quando indagini di questo tipo – anche per imbarcazioni di stazza assai inferiore – devono essere condotte vicino alla costa. E qui arriva la soluzione.
Con NBFC, da circa un anno, Stanghellini sta lavorando all’installazione di questi strumenti su un veicolo autonomo, chiamato OpenSwap (“open” perchè al suo interno si avvale anche dell’utilizzo di piattaforme hardware/software di natura “opensource”; SWAP è l’acronimo di Shallow Water Prospector), sviluppato grazie ad un finanziamento POR-FESR dal gruppo di ricerca congiunto Cnr – Ismar / Consorzio Proambiente.
L’espressione “veicolo autonomo” indica una piattaforma mobile, piccola e leggera, dalle caratteristiche straordinarie – a partire dalle dimensioni. I suoi 120×120 cm possono essere facilmente caricati su un’automobile; leggero e agile, può arrivare a due passi dalla costa. Può memorizzare rotte specifiche con estrema precisione e ripercorrerle a distanza di anni “rendendo possibile uno studio quadridimensionale: in altre parole, mostra le variazioni dei diversi parametri, o degli habitat, nel corso del tempo”.
L’OpenSwap con multi beam integrato permette di cartografare l’estensione degli habitat ad altissima risoluzione. Nei prossimi mesi verrà testato al largo delle coste campane per monitorare i preziosi e vulnerabili habitat che si trovano sul banco di Santa Croce nell’area marina protetta di Punta Campanella.
Le avventure di OpenSwap
Quando viene mandato in missione, OpenSwap – che ha batteria sufficiente per percorrere 25 km – viene istruito sul percorso da seguire, e vi si attiene con gran rigore. “Apparecchi come questo”, continua il ricercatore “possono raggiungere luoghi inaccessibili, o protetti, o pericolosi: lo abbiamo utilizzato in Antartide per fare dei rilievi alla base dei ghiacciai, dove le imbarcazioni non potevano avventurarsi perché c’erano sempre rischi di crollo. E possono lavorare sia di giorno che di notte, navigando imperterriti a quattro chilometri orari, che equivalgono circa a due nodi marini”.
Pochi limiti e molti vantaggi
Certo, a piccole dimensioni corrispondono anche dei limiti: “il veicolo è piccolino, per cui non possiamo montarci sopra una strumentazione da 100 kg. E bisogna fare i conti con la durata delle batterie, che noi non portiamo mai al limite. Ma credo che questa soluzione sia vincente, anche per i costi”.
Per realizzare OpenSwap, che va ordinato dal produttore, servono dai 15mila ai 18mila euro per la versione base, un prezzo che abbatte il costo delle campagne effettuate con mezzi tradizionali.
“Studiare gli habitat costieri con un veicolo autonomo affidabile, facile da mettere in opera ed economico, ha vantaggi enormi”, conclude Stanghellini. “Il suo costo può essere affrontato anche dalle amministrazioni locali, e abbattere i costi significa poter aumentare la frequenza delle campagne. Le indagini, anche nel tempo – ad esempio dopo una mareggiata – possono essere più accurate; serve molto meno personale che con le tecniche tradizionali (due o tre persone sono sufficienti). Lo studio della biodiversità costiera può trarre grande beneficio dalla sua adozione”.
A me sono sempre piaciuti l’acqua e il mare. Per un fisico come me, fare ricerca nell’ambito delle scienze marine offre un ampio spettro di possibilità: tutta la strumentazione utilizzata in questo campo si basa sulle conoscenze che ho acquisito nella mia materia di studio.
Giuseppe Stanghellini, Ricercatore Tecnologo, Cnr – Ismar